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Omaggio ad Alfredo Castelli ed alla ‘Cultura Alternativa’

Nel 1964, in occasione dell’Esposizione Universale di New York, venne seppellito a molti metri di profondità uno capsula a tenuta d’aria contenente 44 oggetti scelti tra i più rappresentativi della nostra epoca. Il contenitore verrà aperto tra molti secoli: in tal modo i popoli che abiteranno in futuro lo Terra potranno rendersi conto di chi erano e cosa facevono i loro antenati.
C’è chi pensa che, in un remoto passato, una civiltà scomparsa abbia fatto qualcosa di molto simile. Sapendo di essere destinata alla distruzione (per un terremoto, la collisione di un asteroide o altro), avrebbe lasciato le testimonianze della propria scienza in luoghi “sicuri” costruiti in modo da  resistere allo scorrere del tempo (vedere lo voce Atlantide). All’interno di colossali costruzioni (scambiate per monumenti votivi dopo che il ricordo dello catastrofe si era cancellato) si troverebbero dunque alcune “capsule del tempo”:’ le “biblioteche perdute” di un popolo dimenticato.

Di nascondigli del genere ne sono stati “scoperti” o bizzeffe, soprattutto nel corso degli ultimi due secoli; purtroppo, però, nessuno è mai riuscito a vederli se non i loro “scopritori”, che, per ragioni varie (dalla volontà di tenere segreta la scoperta all’impossibilità di ritornare sul posto) si sono sempre rifiutati di divulgare dove essi si trovano, affidandosi alla fede dei lellori (“Vi garantisco che io li ho visti”). James Churchward, per esempio, asseriva di aver letto le “Tavolette Naacal”, un’antica biblioteca su tavole di argilla che avrebbe provato l’esistenza di Mu (vedere lo voce corrispondente); qualcosa del genere avrebbero trovato anche i seguaci di Madame Blavatsky, fondatrice di un movimento esoterico chiamato “Teosofia”. Erich Von Daniken, il popolare autore de Gli Extraterrestri torneranno, parla con molto disinvoltura di caverne sparpagliate per il mondo ove si trovano le prove dell’esistenza di un’antica colonia extraterrestre. Così, come sovente accade, a conferire scarsa credibilità a un’ipotesi che, almeno o livello teorico, non è del tutto impossibile, sono stati proprio i suoi più accaniti sostenitori.

La più celebre “biblioteca perduta” storicamente esistita è quello di Alessandria. Fu fondata da Alessandro il Grande nel 332 a.C.; secondo alcuni, il condottiero avrebbe scoperto un’antichissima “capsula del tempo” il cui contenuto lo colpì a tal punto da indurlo o edificarvi intorno un vero e proprio tempio della cultura. La biblioteca era pubblica, e conteneva dai cinquecento ai settecentomila volumi; ma ne sarebbe esistita anche una sezione occulta (quella, appunto, con il materiale dello “capsula”), riservata solo a pochi iniziati che decidevano quali documenti ricopiare e quali tenere nascosti. Fu incendiata una prima volta dai soldati romoni nel 41 a.C.; poi, di nuovo, nel 391. I suoi resti vennero distrutti dal califfo Omar I nel 641. Perché tanto accanimento? Da che mondo è mondo. i dittatori distruggono i libri che possono indurre a pensare la gente in modo diverso (o, semplicemente. “a pensare”); ma c’è anche chi asserisce che una misteriosa setta di “Uomini in nero” (la denominazione è stata coniata dagli studiosi di UFO) si incarica da sempre di eliminare libri e conoscenze che potrebbero rivoluzionare le nostre cognizioni (solide e accettate) sull’origine dello civiltà. E, storicamente, il catalogo della Biblioteca di Alessandria annoverava opere di questo genere. C’era, per esempio, uno Storia del Mondo scritta da un sacerdote babilonese di nome Berosso: il primo volume trattava il periodo dalla creazione del mondo al Diluvio, che egli valutava in 432.000 anni. C’era un libro di Aristarco di Samo, il quale sapeva, molti anni prima di Galileo, che lo Terra girava intorno al Sole. Tutta questa massa di conoscenze è andata davvero perduta? Qualcuno è convinto che parte di quegli antichi scritti sia sopravvissuta (e parzialmente riaffiorata in gran segreto nel corso dei secoli: vedere La Carta di Piri Re’is), custodita gelosamente dai discendenti di quegli scribi e di quei soldati di buono volontà che riuscirono a salvarla dall’olocausto.

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