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Omaggio ad Alfredo Castelli ed alla ‘Cultura Alternativa’

«Al di là di quello stretto mare chiamato le “Colonne di Ercole” si trovava allora un’isola più grande della Libia e dell’Asia messe insieme, e da essa si potevo passare ad altre isole e da queste isole alla terraferma di fronte. Lì in quell’isola di nome Atlantide v’ero un regno che dominava non solo tutta l’isola, ma anche molte altre isole nonché alcune regioni del continente al di là; il suo potere si spingeva inoltre al di qua dellee Colonne d’Ercole, includendo la Libia, l’Egitto ed altre regioni dell’Europa fino alla Tirrenia».

A parlare, nel 590 a.C., è un sacerdote egiziano; ad ascoltarlo, interessato e sorpreso, è il legislatore greco Solone. Atlantide, l’isola “più grande della Libia e dell’Asia messe insieme”, era esistita fino a 9000 anni prima, quando un immane cataclisma l’avevo distrutta con tutta la sua popolazione. A riportare questa informazione così sconcertante sono i Dialoghi Timeo e Crizia, scritti da Platone intorno al 348 a.C.. Probabilmente il filosofo greco non immaginava che questo breve narrazione (più o meno una ventina delle nostre pagine. in cui si descrivono lo città. la forma di governo e la fine di quell’antico popolo), avrebbe fatto scorrere più inchiostro del suo intero corpus filosofico: circa 25.000 opere dedicate a uno civiltà che forse non è neppure mai esistita. Caso più unico che raro (altri luoghi “misteriosi” come il Triangolo delle Bermuda sono stati “scoperti” e discussi solo in tempi recentissimi), il problema dell’esistenza o meno di Atlantide scatenò subito sostenitori e detrattori. Aristotele, per esempio, discepolo di Platone, giudicò l’intero faccenda priva di fondamento. Questa opinione negativa ebbe un peso determinante nel Medio Evo cristiano: infatti Aristotele veniva considerato un’autorità indiscussa, e ciò che lui aveva detto (Ipse dixit) e che non a coso concordava con le visioni geocentriche dell’universo sostenute dalla Chiesa non poteva venir contestato. In più l’esistenza di un continente distrutto 9000 anni prima non concordava con la data della creazione del mondo che, secondo lo Genesi, era avvenuta nel 4004 a.C.
Ma nel 1492 Cristoforo Colombo scoprì che al di là dell’Atlantico esisteva davvero una terra: non Atlantide, beninteso, ma quella “terraferma di fronte”, quel continente al di là  citato dall’omonimo sacerdote egiziano.

Molte opinioni cominciarono a modificarsi, anche perché gli indiani del Messico affermavano di provenire da un’isola scomparsa chiamata Aztlan, da cui la denominazione “Aztechi”, “abitanti di Aztlan” (in Messico questa teoria non è relegata nei volumi di speculazione archeologica: viene insegnata a scuola e al Museo di Antropologia di Città del Messico sono esposti molti antichi disegni che descrivono la migrazione). E anche perché qualcuno cominciò a notare qualche analogia tra le civiltà dell’Antico Egitto e quelle del centro America che poteva far pensore a uno radice comune: costruzioni piramidali, imbalsamazione, anno diviso in 365 giorni, leggende, affinità linguistiche. Atlantide sarebbe stata dunque una sorta di “ponte naturale” nell’oceano che prende il suo nome, esteso dalle Azzorre alle Bahamas; da questa immensa isola dal clima temperato e dal terreno fertile lo colta e ricca civiltà degli Atlantidei descritta da Platone si sarebbe diffusa nel vecchio e nuovo mondo.
Nel 1882 uscì la prima opera veramente “popolare” sull’argomento: Atlantis, the lost Continent dell’americano Ignatius Donnelly. Secondo Donnelly Atlantide era il biblico paradiso terrestre, e lì si era sviluppata la prima civiltà. I suoi abitanti si erano sparpagliati in America, Europa e Asia; i suoi re e le sue regine erano divenuti gli dei delle antiche religioni. Poi, circa 13.000 anni fa, l’intero continente ero stato sommerso da un cataclisma di origine vulcanico. A sostegno della sua tesi Donnelly addusse le analogie culturali descritte sopra, e qualche “prova” geologica a dire il vero non troppo convincente. Un libro popolare come quello di Donnelly ma di opinione completamente opposta è uscito quasi un secolo dopo: è Citadels of Mystery di L. Sprague de Camp (1973), in cui, sempre basandosi su prove geologiche, l’autore dimostra che un continente non può scomparire se non in migliaia di milioni di onni. Sta di fatto che le prove dell’esistenza di Atlantide sono solo di carattere “indiziario”: quelle geologiche o d’altro genere si rivelano sempre o doppio taglio. C’è chi, ad esempio, afferma che le caratteristiche del fondo atlantico dimostrano con assoluta certezza che un continente non vi è mai esistito; c’è chi sostiene che le stesse caratteristiche indicano al di là di ogni dubbio la presenza di un continente sprofondato. Esiste una teoria, però, che viene generalmente accettata dagli studiosi, anche perché non pone inquietanti interrogativi sulla nostra origine: l’isola greca di Santorino, teatro di un’evoluta civiltà, fu distrutta nel 1400 a.C. da un’eruzione vulcanica ancor più violenta di quella del Krakatoa. Per un espediente narrativo, Platone avrebbe “trasportato” Santorino al di là delle Colonne d’Ercole, l’avrebbe “ingrandito” a livello di continente e avrebbe ambientato l’episodio in un’epoca assai precedente a quella in cui ero realmente accaduto.

Ammessa e per ora non concessa l’esistenza dell’Atlantide di Platone, quando potrebbe essere avvenuta la sua distruzione e cosa potrebbe averla determinata? Sul primo punto (“Quando”), gli “Atlantidisti” sono abbastonza concordi: intorno a 10.000 anni fa, più o meno nel periodo descritto da Solone. Otto Muck, autore de I segreti di Atlantide, ha ricostruito con complessi calcoli basati sul calendario Maya addirittura il giorno esatto della catastrofe: il 5 giugno dell’8498 a.C.. Per quanto riguardo le cause, le ipotesi sono molteplici, dall’esplosione vulcanica a uno guerra nucleare (già, teoricamente gli Atlantidei “potrebbero” aver raggiunto uno stadio di civiltà analogo al nostro) alla caduta di un asteroide. Quali conseguenze avrebbe un cataclisma di tale portata? La “scomparsa” di un continente modificherebbe innanzitutto le correnti oceaniche, mutando in modo radicale le situazioni climatiche, creando nuove glaciazioni, nuove zone desertiche, eccetera. Conseguenze “fisiche”: l’onda d’urto e la conseguente marea distruggerebbe gran parte delle città portuali (e da qui forse ha origine la leggenda del Diluvio Universole, comune o tutti i popoli del mondo) e molte città dell’interno; conseguenze psicologiche: la polvere sollevata da una simile esplosione oscurerebbe il sole per mesi, provocando terrori ancestrali (e, tra l’aItro, ulteriori conseguenze sul clima e i raccolti). Radiazioni: lo scontro con un asteroide in grado di distruggere un continente provocherebbe una radioattività pari a quella di numerose bombe H. Conseguenze politiche: se Atlantide fosse stata davvero la dominatrice di altre civiltà, la sua scomporsa avrebbe suscitato lotte e sconvolgimenti. Insomma, se Atlantide fosse stata distrutta in un giorno e una notte, come Platone asserisce, lo Terra avrebbe conosciuto necessariamente un’era di barbarie, e una nuova civilizzazione non avrebbe potuto evolversi primo di 5/6000 anni. Tutto il tempo necessario per cancellare o trasformare in leggenda quasi ogni traccia di un remoto passato. E se qualcuno avesse previsto la sua distruzione, come ora, ad esempio, si può prevedere un prossimo terremoto in California? Forse i governanti del tempo avrebbero cercato di mettere al sicuro la documentazione sulla loro civiltà ad uso dei popoli o venire. Gruppi scelti di uomini (scienziati, artisti, filosofi o semplici ricchi e/o potenti) avrebbero trovato il modo di porsi in saIvo in rifugi sotterranei, in arche galleggianti o in zone presumibilmenle poco coinvolte dol sisma.
Muhammad lbn Abdallah Al Lavati, o Ibn Battuta, viaggiatore islamico del XIV secolo, descrive le piramidi d’Egitto e afferma con molta tranquillità: «Prima del diluvio un re vide un segno che lo spaventò e fece edificare quelle moli sulle rive orientali del Nilo per nascondervi i tesori dell’antica scienza». Sta di fatto che, di tanto in tanto, emergono dal lontanissimo passato prodotti di tecnologie sorprendenti e comunque sconosciute (se ne parla in questo stesso volume); forse i “Grandi Sacerdoti” o “Grandi Iniziati”, dotati di straordinarie conoscenze e citati dalla Bibbia e da opere analoghe, altri non erano che gli eredi dei pochi eletti prescelti per sopravvivere.


Cosa leggere su Atlantide

Il mistero dell’Atlantide, di Charles Berlitz
(Mondadori)

Il mito di Atlantide e i continenti scomparsi, di L. Sprague de Camp
(Fanucci)

Segreti dell’Atlantide, di Andrew Tomas
(Oscar Mondodori)

I segreti di Atlantide, di Otto Muck
(Siad)

La fine di Atlantide, di J.V. Luce
(Club del Libro Fratelli Melita)

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