Riscoperta di un classico: «Cuore di tenebra» di Joseph Conrad
Cuore di tenebra (Heart of Darkness) è un breve racconto di circa 150 pagine scritto dallo scrittore polacco Joseph Conrad (3.12.1857 – 3.8.1924) nei primi del 1900. Fu pubblicato nel 1902, anche se apparve inizialmente nel Blackwood’s Magazine nel 1899 diviso in tre episodi. Viene considerato uno dei classici della letteratura del XX secolo e considerato uno dei più grandi capolavori di Conrad: racconta dell’epoca del colonialismo in Congo e della smania di ricchezza (in quel caso l’avorio) che corrode l’uomo. Si potrebbe considerare praticamente un testo autobiografico dato che Conrad ha vissuto davvero quell’esperienza come capitano di un vascello che appunto toccò le coste africane e risalì il fiume Congo all’incirca nel 1889.
La storia è presentata come un racconto dentro il racconto: l’avventura in Africa viene raccontata da un certo Marlow ai suoi compagni di viaggio mentre, a bordo di una barca, aspettano il riflusso del Tamigi per poter ripartire. La storia vera è propria quindi è tutta raccontata in prima persona e sono molto rare le interruzioni di coloro che ascoltano Marlow.
Il marinaio racconta di come, preso dal desiderio di visitare l’Africa ed in particolar modo la zona del fiume Congo, si fosse imbarcato con una spedizione di francesi e belgi alla volta di quel luogo misterioso che l’aveva sempre attratto fin da quando era bambino. Ma arrivato là scopre che le cose non erano come le aveva sempre immaginate: i colonizzatori bianchi sembrano impazziti, presi anima e corpo dalla caccia all’oro bianco, mentre gli indigeni neri, utilizzati alla stregua di oggetti, si fanno corrompere facilmente o non oppongono resistenza.
Marlow, che non era venuto fin là alla ricerca del petrolio, vede la situazione da un punto di vista molto imparziale che lo aiuta a capire in che vortice di follia si possa cacciare l’uomo che pensa solo al guadagno.
Un’ulteriore conferma di questa pazzia ce l’ha quando incontra Kurtz, un uomo che aveva sentito nominare più volte come forte, pieno di ideali di libertà e con una volontà di ferro. Anche una persona così, venuta in Africa col solo intento di istruire gli indigeni e di rendere loro gli stessi diritti dei bianchi, perde la retta via e si fa trascinare dalla brama di ricchezze. La spedizione di cui Marlow fa parte ha l’incarico di riportare indietro Kurtz che, abbandonata la compagnia, arraffava petrolio grazie all’aiuto delle popolazioni locali con cui aveva stretto amicizia.
Una volta recuperato Kurtz – non con poche difficoltà – Marlow si prepara a tornare in patria. Ma il suo presunto legame con Kurtz (essendo loro due gli unici inglesi in una compagnia francofona parlavano spesso assieme anche se non si erano mai conosciuti prima) finisce per farlo entrare in un vortice di congiure interne alla compagnia: ogni membro vuole semplicemente eliminare chi potrebbe soffiargli l’avorio o ostacolargli la carriera.
Kurtz, dopo aver tentato la fuga e dopo essere sopravvissuto per un bel pezzo sullo stesso vascello in cui erano tutti coloro che lo volevano eliminare perché era d’intralcio ai loro affari, si ammala e muore. A Marlow, colpito anche lui dalla malattia, ma ugualmente sopravvissuto, tocca il compito di annunciarne la morte alla promessa sposa che lo attendeva in Inghilterra.
Nonostante il libro abbia il suo bel secolo d’età, si legge in fretta e molto volentieri: è scritto in un modo molto chiaro e semplice, tanto da poter essere letto senza tante difficoltà anche in lingua originale. Oltre alla terminologia addirittura moderna, colpisce molto il modo in cui vengono descritti personaggi, avvenimenti e luoghi: non c’è una descrizione precisa di ciò che accade, ma si prendono in considerazione solo i lati che attirano di più l’attenzione. I personaggi spesso non hanno una descrizione fisica, ma viene descritta la parte del carattere che colpisce di più Marlow. La tecnica del mettere in evidenza gli aspetti più particolari di ciò che accade ricorda molto quella dei pittori impressionisti.
Il libro non costituisce una lettura impegnativa, non risulta pesante e può essere consumato in poco tempo. I personaggi e le situazioni sembrano quasi immerse nella nebbia, come se fosse un sogno: grazie anche alla narrazione di tipo “impressionista”, il libro sembra avvolto nelle tenebre, e non solo per il titolo. Gli avvenimenti sono raccontati in modo rapido e volutamente in alcuni punti non preciso, mentre vengono messi in risalto dei particolari non necessari alla storia, ma che catturano per la loro particolarità.
Oltre a questa successione di scene più o meno sfocate, i personaggi descritti sembrano davvero delle ombre: i colonizzatori bianchi, presi dall’avorio e persi nella loro ricerca, continuamente in lotta fra loro, sembrano quasi spettri o anime che appaiono e scompaiono dalla scena senza fermarsi un attimo a pensare a qualcos’altro che non sia il denaro.
Non hanno altri pensieri oltre all’avorio, hanno perso completamente la retta via e, chiusi nel loro piccolo mondo di guadagno, non pensano e non si interessano di altro. I neri non sono da meno: completamente persi, sconvolti da queste improvvise invasioni di bianchi, sembra che non riescano a reagire e, se in loro non prevale l’istinto di sopravvivenza che li porterebbe a combattere o pro o contro i bianchi, si lasciano morire, come se la loro vita non importasse più. Degli uomini Marlow sembra l’unico a non aver perso la testa, appunto perché il suo obbiettivo non erano le ricchezze, e così il suo spirito si trova a lottare contro un’altra potente anima: quella della foresta. Questa, elemento costante del panorama, sembra quasi avere vita propria e suggestiona incredibilmente Marlow, tanto che alla fine il marinaio tornerà in patria con un sospiro di sollievo, poiché probabilmente se fosse rimasto di più in quel luogo sarebbe impazzito anch’egli.
Questo libro sottolinea più volte la fragilità umana e i lati peggiori dell’uomo, quali l’avarizia, la superbia e il disprezzo per il diverso. Il tema principale di Heart of Darkness è quello dell’oscurità, cosi’ come possiamo intuire dal titolo del libro. Tradizionalmente l’oscurità rappresenta il bene e la tenebra il male. l’oscurità è quella del cuore del protagonista, Kurtz, che ha visto la sua anima all’interno della foresta, e quindi sa il male commesso nella sua vita, nello sterminio dei nativi, nel loro sfruttamento, nell’esproprio delle loro risorse, nel calpestare delle loro tradizioni.
‘Darkness’ è anche l’oscurità dei posti selvaggi, il cuore della impenetrabile giungla, ma anche le stazioni lungo il fiume Congo, e forse l’oscurità è anche uno dei componenti inmprescindibili del cuore di ciascun essere umano. Con ‘Darkness’, Conrad intende il significato stesso del male, che la società occidentale non accetta come proprio e proietta sulle culture “altre”. Infatti Marlow parte da Londra per raggiungere il cuore della ‘darkness’, dell’oscurità, del male, che non è il Congo, ma è Londra stessa, quindi la società occidentale; per questo, il viaggio di Marlow è un viaggio circolare: andrà in Africa per cercare il male, ma capirà che il male è all’interno della società occidentale. Il male per Marlow è la sete di potere economico-politico, che Kurtz esplicita con la sua brama di avorio, ma dietro la sete di potere economico-politico, dietro l’avorio di Kurtz c’è il fascino dell’abominio, che sia il cannibalismo – fenomeno frequente nelle spedizioni avventurose dell’epoca (Franklin al Polo Nord) e probabilmente praticato da Kurtz – o il sesso, grande tabù dell’età Vittoriana. Marlow, venuto a conoscenza di ciò, torna in Europa per rivelare quello che ha scoperto, ma non ci riuscirà e mentirà alla fidanzata di Kurtz dicendo che, in punto di morte, egli aveva pronunciato il nome della ragazza, mentre invece disse «the horror, the horror…», ossia l’orrore, probabilmente riferito alle barbarie compiute in nome della “civilizzazione”.
Marlow non ha la forza di rivelare che la vera ‘darkness’ appartiene all’Occidente del mondo, che sfrutta e distrugge le altre culture, mascherando il tutto come un portare la luce e il progresso. Molto affascinante, inoltre, la retorica dell’eloquenza che Kurtz utilizza per difendere il suo operato di morte in Congo: egli sostiene che è dovere delle società più avanzate (l’Europa) portare la luce, la cultura, il progresso nei territori ancora sottosviluppati (l’Africa). Inutile dire che, dietro queste belle parole, dietro il fascino dell’eloquenza, si nasconde solo il desiderio di ottenere più ricchezza e potere. Infatti, alla fine Kurtz dirà “ucciderli tutti” riferendosi agli indigeni, rivelando le vere intenzioni sue e dei governi occidentali.
Ci sono anche diversi sottotemi in Cuore di tenebra, primo tra tutti il colonialismo, che nel nome della civilizzazione e del profitto sovrasta tutti gli altri ideali. La critica al esso è attuata da Conrad attraverso la descrizione delle barbarie e delle razzie compiute dalle potenze occidentali di fine XIX secolo nei confronti del continente africano. Inoltre, essa non si limita solo alla storia contemporanea (1889), ma anche al passato; sono infatti frequenti le analogie con l’Impero Romano. Conrad critica, infine, tutti gli Stati Europei, non solo il Belgio (principale colonizzatore del Congo), attribuendo una diversa nazionalità (sempre però europea) ai diversi personaggi che Marlow incontrerà nel suo viaggio: per esempio, Kurtz è tedesco, di madre inglese e padre francese, ha una mentalità inglese ed è al servizio dei Belgi; il suo aiutante è russo, il capitano del battello è svedese e così via.
Un altro tema è il lavoro, che oltre ad aiutare l’uomo alla ricerca di se stesso, nel cuore dell’Africa è essenziale per non impazzire. Marlow ha come unico punto di riferimento compiere il suo dovere, compierlo senza corrompersi, ed è questo che lo distingue dagli altri personaggi del romanzo,che fondamentalmente coltivano le loro ambizioni anziché svolgere la loro missione.
Un ulteriore tema è il giudizio, inteso anche come ‘giudizio finale’, in punto di morte. Il giudizio deve essere dato tenendo conto delle azioni – e non degli ideali – che possono celarsi ed essere fraintesi anche nelle opere più sublimi, come il libro di Kurtz, cui è bastato nascondere alcune parole (uccidere tutti i nativi) per renderlo un libro denso di significato. Questi ideali quindi non sono altro che una illusione, se ottenuti ingiustamente o con la forza. Kurtz viene descritto come un uomo intelligente e dotato, in parte mosso all’inizio da ideali sinceri, ma non è in grado di resistere alla tentazione di un potere assoluto che gli indigeni gli hanno attribuito proprio in ragione delle sue indubbie capacità personali. Per Conrad dunque potrebbe essere l’onnipotenza la vera “prova ordalica” dell’uomo occidentale, ossia ciò che rivela il suo “cuore di tenebra” e lo spinge a giudicarsi con “orrore”. Kurtz è la dimostrazione del fatto che l’uomo occidentale moderno si muta in un mostro quando nessuna regola o convenzione esterna impedisce che la sua libertà si spinga oltre ogni limite, coronando il grande sogno (inconfessato, ma coltivato appunto dalla cultura occidentale dall’illuminismo in poi) di sostituirsi a Dio.
In definitiva, Conrad ci offre una visione – assolutamente pessimistica e misantropica, ma molto attuale – in cui, se l’uomo occidentale “moralizzato e giuridicizzato” è forse un tiranno ipocrita che soggioga e sottomette gli altri in vista dei suoi interessi materiali, l’uomo occidentale “libero di essere dio” diventa qualcosa di peggio: un demone distruttore capace di trascinare sè stesso e gli altri nell’insensata e vuota metafisica del “voler dominare tutto”. La critica di Conrad colpisce dunque al cuore la cultura occidentale moderna nella sua pretesa di voler dapprima trasformare l’uomo in dio per poi fingere di incatenarlo (ovviamente con scarsi risultati) in regole e principi etici o giuridici.
L’orrore di Kurtz in punto di morte deriva dunque dalla presa di coscienza del vuoto di una esistenza che – una volta “saltati” i fragili lacci della società o del diritto – si è mostrata per quello che era in realtà: la sterile ed insensata pretesa di onnipotenza che sta nascosta nell’animo di ogni occidentale moderno. Per questo il romanzo lascia quasi sempre anche al lettore di oggi un inafferrabile senso di “inquietudine” o di “disturbo”: con questa opera Conrad suggerisce infatti che tutti noi – per quanto anestetizzati da una società fondata sul politically correct – siamo dei potenziali Kurtz, ai quali manca in fondo solo l’occasione e/o le capacità per poterlo diventare davvero.
Il libro è stato preso come fonte di ispirazione per la realizzazione del film Apocalypse Now (1979) di Francis Ford Coppola.
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