Norman Berrow, un giallista apparso e… scomparso
Risulta pressoché impossibile stilare un articolo esauriente sul grande Norman Berrow, questo misterioso autori di libri gialli vissuto nella prima metà del XX sec.: le notizie che lo riguardano, infatti, sono pochissime, quasi inesistenti.
Ogni informazione su di lui è lacunosa ed approssimata, poco più che un “si dice…”: secondo ciò che ha riferito Bill Pronzini, il suo editore, Norman Berrow nacque in Nuova Zelanda, fu sposato e trascorse alcuni anni a Gibilterra durante gli anni ’30: lì, infatti, sono ambientati alcuni dei suoi primi romanzi. Successivamente, durante e dopo la II Guerra Mondiale, prestò servizio presso i militari per 6 anni.
Non si hanno notizie confermate né sulla sua nascita (“pare” sia nato nel 1902) né sulla sua morte, sempre che sia avvenuta. È stato definito “il più imperscrutabile mistero della letteratura mondiale, inafferrabile quanto e più di Salinger o Pynchon” [Shake Edizioni]: ha prodotto 20 libri tra il 1934 ed il 1957.
Di Norman Berrow si possiede una sola fotografia e probabilmente è apocrifa.
Per gli interessati, riporto di seguito l’elenco completo delle pubblicazioni in Prima Edizione delle sue opere:
- The Smokers of Hashish, Ed. Eldon, 1934
- Oil Under the Window, Ed. Ward Lock, 1936
- The Secret Dancer, Ed. Ward Lock, 1936
- It Howls at Night, Ed. Ward Lock, 1937
- One Thrilling Night, Ed. Ward Lock, 1937
- The Terror in the Fog, Ed. Ward Lock, 1938
- Fingers for Ransom, Ed. Ward Lock, 1939
- Ghost House, Ed. Ward Lock, 1940
- Murder in the Melody, Ed. Ward Lock, 1940
- Words Have Wings, Ed. Ward Lock, 1946
- The Three Tiers of Fantasy, Ed. Ward Lock, 1947
- The Bishop’s Sword, Ed. Ward Lock, 1948
- The Singing Room, Ed. Ward Lock, 1949
- The Spaniard’s Thumb, Ed. Ward Lock, 1950
- Don’t Go Out After Dark, Ed. Ward Lock, 1950
- The Footprints of Satan, Ed. Ward Lock, 1953
- The Eleventh Plague, Ed. Ward Lock, 1954
- Don’t Jump Mr. Boland!, Ed. Ward Lock, 1955
- The Lady’s in Danger, Ed. Ward Lock, 1957
- The Claws of the Cougar, Ed. Ward Lock, 1957

Dal momento che non sono riuscito a reperire ulteriori informazioni su questo talentuoso scrittore – almeno con i mezzi in mio possesso -, ho ritenuto utile per tutti riprodurre la Prefazione che Mauro Boncompagni, esperto del genere, ha scritto per Le orme di Satana nell’edizione pubblicata da Shake Edizioni.
La riproduco di seguito, ringraziandone l’Autore e rimandando all’edizione sovracitata per la lettura del romanzo.
Eccola.
«Prefazione
Non sono poche le meteore nella storia del giallo. Autori scomparsi nel nulla dopo aver pubblicato uno o due romanzi. O passati a miglior vita molti anni dopo aver interrotto un’attività di cui nessuno ha serbato memoria, se non gli habitué delle recensioni oi collezionisti più incalliti. Ma non crediamo che sia mai esistito un caso simile a quello di Norman Berrow, che è stato inghiottito da un oblio così totale da non aver lasciato alcuna traccia di sé, a parte quella di cui ancora oggi testimoniano le sue opere. Di lui si ignorano persino le date di nascita (anche se qualche fonte, peraltro non sicura, parla di un possibile 1902) e di morte. Il poco che sappiamo riguarda la nazionalità dell’autore, neozelandese, il fatto che fosse sposato, che avesse passato qualche tempo a Gibilterra negli anni trenta (località in cui sono ambientati i suoi primi libri) e che avesse lavorato nei servizi militari durante e poco dopo la Seconda Guerra Mondiale. Talune foto apparse nelle quarte di copertina di vari suoi romanzi, pubblicati dall’ editore inglese Ward Lock & Co, mostrano un signore distinto con occhiali e pipa, dall’aria vagamente professorale. Nient’altro.
Mai come in questo caso, perciò, a parlarci dell’autore dev’ essere unicamente la sua opera, che peraltro, questa sì, non ha per nulla la fugacità di una meteora. I venti romanzi polizieschi di Berrow, pubblicati tra il 1934 e il 1957, sono stati tuttavia fino a poco tempo fa di una reperibilità estremamente ardua, dato che in Prima Edizione erano apparsi virtualmente solo in Inghilterra e avevano conosciuto ben poche ristampe mentre l’autore era ancora attivo nel campo della scrittura. Da qui i prezzi stratosferici toccati dalle opere di Berrow nel mercato del collezionismo, con lettori inferociti disposti a uccidere pur di procurarsi una rara prima edizione dell’unica opera che non avevano, o magari un volume con sovraccoperta, da sostituire a quello senza, di un romanzo particolarmente gradito. A riportare il sereno nella vita di questi poveri forzati dell’acquisto, e a restituire un minimo di pace nel seno delle loro famiglie gettate praticamente sul lastrico, è arrivata la RambleHouse, una piccola casa editrice americana underground che ha ripubblicato l’opera omnia dello scrittore nel giro di pochi anni, a prezzi decisamente accessibili, consentendo così al lettore e allo studioso un esame approfondito dell’opera di Norman Berrow.
Non sappiamo cos’avesse indotto l’autore neozelandese a scrivere o su quali sacri testi si fosse formato, ma le sue primissime opere sono thriller con sorpresa finale, influenzati da scrittori molto popolari negli anni dopo la Prima Guerra Mondiale come Edgar Wallace e E. Phillips Oppenheim. Atmosfere esotiche. Intrighi internazionali. Locali equivoci. Fumatori di hashish. Danzatrici misteriose. Licantropi reali o presunti. Trame dai ripetuti colpi di scena (a volte ingenui, confessiamolo) in cui il giovane e avventuroso inglese che spesso ne è protagonista rischia più volte di perdere il senno – e la vita – per poi uscire trionfatore, magari impalmando l’eroina di turno. TI tutto in uno stile sapido e talora un po’ ridondante, con qualche enfasi di troppo e una selva di frasi spezzate ed esclamazioni che rimandano al gergo del poliziesco anglosassone rinvenibile in autori allora molto letti – e stimati dalla critica – come H.C. Bailey e Philip MacDonald. Lo stile, già. Si è molto discusso delle cadute stilistiche di Norman Berrow, dei suoi tentativi di ricreare un linguaggio anglosassone, anche nel parlato, non sempre andati a segno; e persino suoi ammiratori pressoché incondizionati, autori e critici a cui si deve la riscoperta di Berrow, come Bill Pronzini e Robert Adey, non sono stati teneri con lui sotto questo profilo. Esagerando, a nostro avviso, anche perché molti di questi difetti sono più ascrivibili alle opere dell’apprendistato dell’autore neozelandese che a quelle della sua piena maturità. E se qualche eccesso retorico e qualche malagrazia espressiva restano, ci sono anche i contravveleni di riflessioni acute e scanzonate, o di incipit di intensa pensosità, assolutamente rivelatori. Questo di Fingers for Ransom (1939), per esempio: “Non so se sapete qualcosa su come si scrivono i libri, ma in caso contrario vi assicuro che non è perniente un lavoro come gli altri. Non si può metterlo da parte alla fine di un certo giorno e riprenderlo come se niente fosse in quello successivo. Dal momento in cui iniziate un libro a quello in cui battete a macchina l’ultimo punto, siete costretti a vivere con la vostra creatura: mangiate, bevete e respirate sempre in sua compagnia; ve la portate appresso nelle ore di veglia e talora anche in quelle di sonno… Poi, invariabilmente, dopo circa due terzi del lavoro, vi prende una sorta di rigetto. Fissate con disgusto il foglio di carta davanti a voi e vi chiedete quando finirete di scrivere quel maledetto affare, posto che ci riusciate mai, e se in fondo ne vale veramente la pena. Poi, dopo una pausa in cui le vostre idee si inaridiscono e il vocabolario che vi sosteneva pare fuggito chissà dove, dopo una pausa di indigestione mentale, insomma, ritrovate l’ispirazione e andate avanti fino a quando non mettete la parola fine al vostro lavoro. E allora, per qualche settimana, sperimentate un senso delizioso di libertà e di leggerezza di spirito, ma poi il veleno prende di nuovo a zampillare e tutto ricomincia daccapo”.
Protagonisti del romanzo che abbiamo appena citato sono due coniugi, Michael e Fleur Revel, che compaiono in diverse storie dell’autore e si cacciano spesso in situazioni pericolose, quando non risolvono misteri decisamente ingarbugliati. Ma i libri migliori del giallista neozelandese, la crema della sua produzione, sono di sicuro i cinque imperniati sulla figura del principale segugio creato dalla fantasia di Berrow, l’ispettore investigativo Lancelot Carolus Smith, un poliziotto pacato e sornione, talora persino un po’ maigrettiano, che, con metodo e pazienza, sbroglia matasse inestricabili. Molti dei romanzi che lo vedono protagonista (tutti scritti dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, durante la quale Berrow era rimasto completamente inattivo dal punto di vista letterario) sono imperniati sul tema del delitto impossibile commesso per di più in circostanze bizzarre, come se l’autore neozelandese si fosse ripassato la sua lezione su maestri come John Dickson Carr, negli anni del conflitto, e avesse deciso di riprendere la penna cimentandosi con una delle tenzoni più ardue nel campo del giallo: scrivere una storia apparentemente senza soluzione, una storia che parla di un crimine che è accaduto, eppure, al tempo stesso, non può essere accaduto. Una vera e propria sfida alla ragione di quelle che ha raccolto molto spesso John Dickson Carr. Due dei romanzi di Berrow con protagonista Smith presentano addirittura un triplo mistero impossibile. The Three Tiers 0f Fantasy (1947) s’impernia sulla sparizione di un uomo, peraltro morto da sette anni, da una casa in cui è stato visto entrare, sulla scomparsa di una stanza di una locanda e del piano in cui essa si trova e, infine, sulla sparizione di un’intera strada. The Bishop’s Sword (1948) affronta invece i problemi della scomparsa di una spada da una teca ermeticamente chiusa, dell’ apparizione del “corpo astrale” di un galeotto nella camera da letto del capo della polizia e, ancora, della scomparsa di un uomo da una grotta la cui unica uscita viene tenuta costantemente sotto osservazione. Niente male, per un autore scomparso nel nulla!
Ma il meglio di sé Berrow l’ha riservato alla storia che vi accingete a leggere, The Footprints of Satan (1950), romanzo nel quale vengono commessi alcuni delitti la cui unica spiegazione sembra risalire alla presenza stessa del Diavolo. Qui l’autore si rifà a un episodio veramente accaduto nel 1855 in diversi villaggi nel sud del Devon, dove furono avvistate orme di piede caprino la cui origine non fu mai appurata. Berrow ricama egregiamente sul tema delle orme diaboliche e produce un’opera dalla lettura awincente e dalla soluzione incisiva, forse la sua più impeccabile. Tanto che il romanzo non sfigura affatto in un’ideale galleria di storie che, nel mondo del giallo, hanno evocato il tema del Diavolo ai più svariati livelli. E qui, dawero, non c’è che l’imbarazzo della scelta, con capolavori come The Devil in Velvet (1951) di John Dickson Carr e Falling Angel (1978) di William Hjortsberg.
Berrow avrebbe concluso la sua carriera sette anni dopo l’apparizione di questo capolavoro, pubblicando una miscellanea di opere che in parte affrontano in altra chiave il tema del delitto impossibile (vedi soprattutto Don’t Jump, Mr. Boland!, 1954, in cui però non compare l’ispettore Smith) e in parte ritornano, ma con maggiore perizia e risentendo dell’influenza di autori affermatisi nel frattempo, ai temi tipici del thriller e dell’intrigo con cui l’autore aveva esordito nell’agone del poliziesco. Due libri significativi in tal senso sono gli ultimi tra quelli pubblicati dall’autore: The Lady’s in Danger (1955), in cui un intrepido giovanotto si caccia in un mare di guai per soccorrere una damigella in pericolo (qui l’influenza potrebbe essere quella di un autore come Patrick Quentin, che in quegli anni scriveva opere in qualche modo assimilabili a questo schema) e The Claws 0f the Coguar (1957), con le sue morti misteriose in un villaggio sudamericano che paiono essere l’opera di un coguaro assassino (e qui l’influenza è sicuramente quella di Cornell Woolrich). Poi il sipario.
Non sappiamo che fine abbia fatto l’autore, ma dovunque sia, in qualsiasi dimensione del tempo e dello spazio si trovi, non gli sarebbe dispiaciuto essere ricordato con un’opera come quella che state per leggere. Le orme di Satana non sono quelle, lievi e quasi incorporee, che Berrow ha lasciato nella storia del giallo, ma aiuteranno a ricordare un autore su cui è sceso un oblio ingiustificato e a rendergli un tributo tardivo che però ci appare, questo sì, del tutto giustificato.»
Fonti
– Mauro Boncompagni, Prefazione a Norman Berrow, Le orme di Satana, Shake Edizioni, 2010, trad. di G. Carlotti
– Sito ufficiale di Shake Edizioni
– Sito ufficiale di RambleHouse
– Classic Crime Fiction, the Ultimate Crime Fiction Website
– PaperBack Swap, per le copertine delle edizioni in lingua originale
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