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Il Mito di Faust

1. Il mito di Faust rappresenta in maniera efficace e duratura il desiderio di conoscere che anima l’uomo moderno, impegnato a liberarsi progressivamente dai vincoli dogmatici della visione del mondo medievale. Dal Cinquecento in poi, infatti, la presenza di questo mito si rivela costante nella letteratura europea. Tuttavia, anche prima di quest’epoca l’era cristiana aveva offerto una certa quantità di vicende legate ad un patto diabolico, col quale però ci si limitava a perseguire scopi decisamente limitati e utilitaristici, come ad esempio il possesso di una donna o di una carica.

Il primo testo in cui compare un accordo tra uomo e diavolo è la Confessione di Cipriano di Antiochia, risalente al IV secolo, in cui viene sviluppato il motivo della seduzione diabolica dell’Eden (il Demonio esorta i progenitori a mangiare il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, convincendoli che così facendo «diventeranno come Dio», Genesi 3). Cipriano, un mago di Antiochia, racconta in prima persona che, per soddisfare la propria sete di sapienza, dopo aver viaggiato da un santuario pagano all’altro ed essere stato iniziato a molti culti misterici, giunge a conoscere direttamente il Diavolo (dall’aspetto «simile a un fiore d’oro, ornato di gemme preziose»), che lo attrae a sé con false promesse e lo rende suo servo:

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«Credetemi, l’ho visto il diavolo, credetemi, l’ho abbracciato e ho parlato con lui e fui stimato degno di meritare ai suoi occhi altissima dignità […] Mi promise che mi avrebbe creato principe, dopo la mia morte, e che avrei avuto potere sui viventi. Perciò, ottenuta una così grande autorità presso di lui, mi affidò il comando delle falangi infernali»1.

Da questa terribile esperienza Cipriano esce tuttavia pentito (il racconto è appunto una confessione), convinto della superiorità e invincibilità di Cristo, e con speranza di salvezza. Il racconto si diffuse presto in Occidente: ne parlano il Venerabile Beda (sec. VIII), Notkero Labeo (sec. XI) e altri fino alla Leggenda aurea di Jacopo da Varagine (sec. XIII).

2. Ancora più nota è la leggenda, sorta nel V secolo, di Teofilo, in cui compare un vero e proprio patto, formalmente sancito con la stesura di un documento:

«”Se intendi divenire mio servo e accetti di essere iscritto nel novero dei miei fedeli, allora io potrò aiutarti tanto da avere potere su più uomini di quanto non fosse in precedenza e da avere in tuo potere persino il vescovo […] Ora, mio caro Teofilo, mi redigerai un documento dove affermi di rinunciare a Maria e a suo figlio (li ho in odio entrambi!), e quanto desidererai lo otterrai da me”2» .

Tradotta dal greco in latino nel IX secolo, la leggenda si diffuse rapidamente in varie versioni: in latino, ad opera di Paolo Diacono (Miracula sanctae Mariae de Theophilo penitente, sec. IX), Rosvita (Lapsus et conversio Theophili vicedomini, sec. X), Guibert de Nogent e Hartmann von Haue (sec. XII sec.), e in francese, di Gautier de Coincy (Comment Théophile vint à la pénitence, sec. XII) e Rutebeuf (Miracle de Théophile, sec. XIII), che si concludono tutti con il pentimento del protagonista, salvato dalla Madonna.

I racconti di Cipriano e di Teofilo troveranno sviluppo in Spagna all’inizio del Seicento, prima con l’Esclavo del Demonio di Mira de Amescua (1612), poi soprattutto col dramma di Calderón de la Barca Il magico prodigioso (1637), che in età romantica verrà tradotto da P.B. Shelley.

 width=3. Il nome di Faust (corrispondente ad un personaggio storicamente esistito, Georg Johann Faust, detto anche Sabellicus, vissuto tra il 1480 e il 1540) lo si incontra ufficialmente nel 1587, anno in cui Johann Spies pubblica la Historia von D. Johann Fausten, nota soprattutto come Volksbuch [Libro popolare]3. Qui, rispetto alle leggende medievali di Teofilo, il patto col diavolo assume un significato più alto e complesso: non si limita infatti ad un’intenzione bassamente mondana, ma si estende al desiderio della conoscenza, alla volontà di «indagare tutte le cause in cielo e in terra». L’ambizione di Faust si pone quindi come paradigma delle aspirazioni umanistico-rinascimentali di penetrare i segreti della natura per impadronirsene. La filosofia naturale moderna, che da Pico della Mirandola a Cardano, da Paracelso ad Agrippa di Nettesheim, andava prendendo coscienza di sé, rivalutava infatti in questa direzione la magia contro la condanna cristiana, distinguendo la magia naturale da quella cerimoniale, che faceva ricorso ai demoni e alle stregonerie per realizzare i propri obiettivi. L’autore del Volksbuch (un luterano ortodosso che contrastava proprio questo tipo di filosofi naturali) mira proprio ad annullare tale distinzione e a reinserire gli umanisti nell’ambito della magia cerimoniale. La leggenda di Faust si pone appunto come reazione a questo tentativo di apertura della magia, denunciando chi non si accontentava dei limiti della conoscenza imposti dalla cultura ufficiale e tradizionale e che quindi, per superarli, avrebbe fatto ricorso al diavolo. Da questo momento in poi storia e leggenda si fondono per rappresentare in Faust l’intatta rinascita della sete di conoscenza fine a se stessa, quella che un tempo era incarnata da Ulisse, che in nome di essa (fatti non foste a viver come bruti,/ ma per seguir virtute e conoscenza) si spinse oltre le Colonne d’Ercole e che per questo Dante, in chiusura di Medioevo, condanna al naufragio e alla perdizione infernale, nel canto XXVI dell’Inferno.

4. La Historia, apparsa in traduzione inglese nel 1592, attrasse subito l’attenzione del grande drammaturgo elisabettiano Christopher Marlowe, che nello stesso anno compose la Tragica storia della vita e della morte del Dottor Faustus, prima realizzazione artistica geniale del leggendario personaggio.

Il suo trapianto in Inghilterra, paese in forte ascesa economica, politica e sociale, dà all’opera uno slancio nuovo, ignoto alle versioni precedenti. La novità di Marlowe consiste infatti nella sovrapposizione dell’insaziabile desiderio di conoscenza con quello di possesso (che per gli schemi medievali era possesso di oggetti singoli, determinati): ora invece viene attuato il principio secondo cui solo la conoscenza illimitata del mondo riesce a garantirne anche il possesso illimitato. La totalità del possesso, consentito dalla magia, deriva dalla totalità della conoscenza:

«Tutte le cose che si muovono tra i quieti poli saranno ai miei ordini. Imperatori e re sono obbediti soltanto nelle loro singole province, ma il dominio di colui che eccelle in quest’arte si estende fin dove giunge la mente dell’uomo. Un valente mago è un semidio!» [atto I, scena I].

Nel dramma di Marlowe, il Diavolo possiede un notevole rilievo psicologico: Mefistofele rimpiange la felicità perduta, conscio del proprio destino di sconfitto:

«L’inferno non ha limiti, non è circoscritto in un unico luogo. Dove siamo è inferno e dov’è inferno lì staremo per sempre. E in breve, quando il mondo sarà dissolto e ogni creatura purificata, dove non sarà cielo sarà inferno» [atto II, scena I].

Ma l’elemento di maggior modernità nell’opera di Marlowe consiste nel fatto che è proprio il singolo uomo a diventare responsabile del proprio destino, o della propria rovina. È Faust stesso, senza che necessariamente il Diavolo lo debba tentare, che prende l’iniziativa, sopraffatto dal proprio orgoglio e dalla propria brama, servendosi di Mefisto come semplice strumento per compiere la propria trasgressione.

 width=5. Nel 1599, ad Amburgo, le storie di Faust riapparvero in un ampio rifacimento ad opera di Georg Widmann, il quale però relegò in secondo piano la sete di sapere di Faust, accentuandone invece il vecchio motivo della ricerca del godimento. Nel 1674, in un altro rifacimento a cura di Nikolaus Pfitzer, viene introdotto il tema dell’amore per una fanciulla. La leggenda penetrò in Germania anche nel teatro popolare e nel teatro delle marionette (Puppenspiel), in cui si arricchì di elementi comici e farseschi, continuando ad essere rappresentato per tutto il Settecento. Il maggior rilievo letterario al mito faustiano viene dato dall’opera di J.W. Goethe Faust, elaborata a varie riprese tra il 1772 (il cosiddetto Ur-Faust) e il 1831. L’autore affronta nel testo i massimi problemi dell’esistenza umana, dalla conoscenza alla creazione artistica alla morale all’amore (qui rivolto alla pura e semplice Margherita, che alla fine della seconda parte dell’opera risulterà strumento di redenzione per Faust). In Goethe, con intuizione moderna, il patto tra Faust e il Diavolo si trasforma e assume il valore di una scommessa: una scommessa tra il Signore e il Diavolo (nel Prologo in Cielo) e una parallela scommessa tra il Diavolo e Faust («Ecco la scommessa che ti offro […] Se mai dirò all’attimo fuggente: “Arrestati! sei bello! Tu potrai mettermi in ceppi”»). Anche Mefistofele viene arricchito di una straordinaria e ambigua stratificazione di valori: egli appare infatti come avversario di Dio e strumento della sua volontà, creatore del mondo materiale e suddito di Dio, principio della materia in opposizione allo spirito, il male contro il bene, il caos contro l’ordine, stimolo di creatività, manifestazione degli aspetti indifferenziati della natura quale appare all’uomo in sostanza un invito a leggere la realtà in tutta la sua varietà e complessità.

6. Direttamente a Goethe si rifanno opere come il romanzo filosofico Vita, opere e viaggio all’Inferno di Faust di F. Klinger (1791), mentre in età romantica prevale il motivo della dannazione dell’eroe, «che sancisce ad un tempo la grandezza e la dismisura delle sue aspirazioni e dei suoi atti, la sua nostalgia dell’infinito e dell’amore (Faust è avvicinato a Don Giovanni) e il suo orgoglioso individualismo» (P. Brunel); così nei poemi di A. Puskin (Scene da Faust, 1828) e di N. Lenau (Faust, 1836), nei drammi di Chamisso (Faust, 1804) e di Ch. D. Grabbe (Don Giovanni e Faust, 1829). Faust è così divenuto uno dei rappresentanti tipici e ricorrenti del mondo moderno, calandosi progressivamente in una realtà sempre più cinica e decadente, dominata da obiettivi materiali. Ritroviamo quindi Faust protagonista della satira leggera, come nel racconto di M. Beerbhom Enoch Soames (1916), o di quella feroce del romanzo Il Maestro e Margherita di M. Bulgakov (1927, dove il patto col Diavolo è stretto dal Maestro per poter vivere in piena libertà con Margherita), nell’incompiuto Mon Faust di P. Valéry (1941-1945, costruito in antitesi all’universalità di Goethe: Faust appare infatti come la caricatura dell’intellettuale, per il quale alla fine ogni cosa trova la propria appagante sistemazione), nel Faust di Pessoa (1911, in cui Faust ha rinunciato alla conoscenza e si trova a considerare l’assoluta nullità della vita: «Ah, tutto è simbolo e analogia!/ Il vento che passa, la notte che rinfresca/ sono tutt’altro che la notte e il vento:/ ombre di vita e di pensiero./ Tutto ciò che vediamo è qualcos’altro./ L’ampia marea, la marea ansiosa,/ è l’eco di un’altra marea che sta/ laddove è reale il mondo che esiste./ Tutto ciò che abbiamo è dimenticanza./ La notte fredda, il passare del vento/ sono ombre di mani i cui gesti sono/ l’illusione madre di questa illusione»4) e in molti altri testi.

7. La rielaborazione più significativa del mito di Faust rimane comunque quella del romanzo di Th. Mann Doktor Faustus (1947), in cui l’autore, di fronte alla decadenza della civiltà europea (soprattutto nella sua patria travolta dal Nazismo), capovolgendo l’ottimismo di Goethe, condanna la spinta faustiana del mondo occidentale del XX secolo. Il protagonista, il compositore Adrian Leverkün (le cui vicende vengono narrate da Serenus Zeitblom), è una reincarnazione di Faust, la cui personalità risulta però complicata anche dalle figure di Lutero, di Nietzsche e di Wagner, che ne fanno in sostanza un emblema della Germania stessa. Sono numerosissimi i personaggi che, lungo il romanzo, rappresentano aspetti delle forze demoniache con cui, sin dalla giovinezza, Adrian entra in contatto: Capercailze, che gli insegna i segreti del mare e dell’immensità dello spazio; lo storico dell’arte Helmut Institoris, il cui nome ricalca quello dell’inquisitore medievale domenicano Helmut Institor, autore del Malleus Maleficarum, 1487); il balbuziente insegnante di musica Herr Kretzchmar, esaltatore del caos creativo; l’affascinante traduttore e dongiovanni Martin Schildnapp; il fisico dai capelli rossi Zimbalist; Saul Fitelberg, che vuol far volare Adrian sul suo mantello ‘fatato’ per mostrargli le glorie della celebrità artistica; il dottor Erasmi, dal volto paonazzo e la barba appuntita; Clarissa Rodde, appassionata del macabro; Hetaera Esmeralda, nome della farfalla che il padre di Adrian tiene nella sua collezione di cose morte; Esmeralda, la prostituta che trasmette a Adrian la sifilide, malattia che in un primo momento esalterà la sua creatività e poi lo farà impazzire (essa costituisce forse per Adrian l’iniziazione al demoniaco); il professore di teologia Kumpf e il dottor Eberard Schleppfuss (il cui nome, “piede strisciante”, rimanda al suo intellettualismo storpiato e al Diavolo stesso, che sovente è zoppo e deforme). A Palestrina, patria del grande compositore italiano del Cinquecento Giovanni Pierluigi, il Diavolo appare personalmente a Adrian, nel 1912, poco prima dello scoppio della Grande Guerra, ossia in un luogo e in un tempo che simboleggiano il culmine della cultura europea prima della rovina. Il Diavolo si manifesta proprio in quel luogo e in quel tempo per mandare in frantumi l’armonia dell’Europa e del cuore di Adrian. Nel colloquio tra lui e il Diavolo (che ha come esplicito modello quello tra Satana e Ivan nei Fratelli Karamazov di F. Dostoevskij), Mefisto offre a Adrian ventiquattro anni di creatività e di successo in cambio della sua rinuncia ad amare. Ma è dalla profondità stessa dell’animo di Adrian che scaturisce questo patto; egli è già schiavo della sua ambizione, indifferente agli amici e alla famiglia, malato di sifilide. Il suo accettare il patto col Diavolo non è che una conferma della direzione che la sua volontà ha già preso da tempo. Alla fine la rovina di Adrian, e con lui dell’intera Germania, è totale, anche se l’amore per il nipotino Nepomuk (dopo che il dolore per la sua agonia gli ha strappato una terribile maledizione contro l’ordine intero dell’esistenza) gli consente per un istante di penetrare nel calore interiore del mondo, non escludendo quindi del tutto una speranza, «la speranza al di là della disperazione, la trascendenza della disperazione», che sembra essere racchiusa nell’ultima nota di violoncello (un sol prolungato sopra il rigo) che conclude l’ultimo e più ardito lavoro del compositore, l’oratorio Lamentatio Doctoris Fausti:

«i gruppi di strumenti si ritirano l’uno dopo l’altro e quello che rimane è soltanto il sol sopra il rigo d’un violoncello, l’ultima parola, l’ultimo suono svanente che si spegne adagio nel pianissimo. Poi non c’è più nulla – silenzio e notte. Ma il suono che ancora vibra nel silenzio, quel suono svanito che soltanto l’anima ancora ascolta, ed era la fine della tristezza, ora non lo è più, muta di significato, è quasi un lume nella notte».

Note

1 CIPRIANO DI ANTIOCHIA, Confessione, a cura di Stefano Fumagalli, Milano, Mimesis, 1994
2 Il racconto di Teofilo, in CIPRIANO DI ANTIOCHIA, Confessione, cit.
3 JOHANN SPIES, Storia del dottor Faust, ben noto mago e negromante, a cura di M.E. D’Agostino, Milano, Garzanti, 1980
4 FERNANDO PESSOA, Faust, a cura di M. J. De Lancastre, Torino, Einaudi, 1991

Bibliografia

– V. ERRANTE, Il mito di Faust. Dal personaggio storico alla tragedia di Goethe, Firenze, Sansoni, 1951, 3 voll.
– P.BRUNEL (a cura di), Faust, in Dizionario dei miti letterari (ediz. italiana a cura di G. Gabetta), Milano, Bompiani, 1995
– L. STAPPER, P. ALTENA, M. UYE (a cura di), Faust, in Miti e personaggi della modernità, edizione italiana a cura di S. Contarini, Milano, Bruno Mondadori, 1998, con abbondante bibliografia relativa a letteratura, arte, musica e cinema
– M. PRAZ, La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, Firenze, Sansoni, 19765
     Il patto col serpente, Milano, Mondadori, 1972.

– J. RUSSELL, Satana. Il Diavolo e l’Inferno tra il I e il V secolo, Milano, Mondadori, 1986
     Il Diavolo nel mondo medievale, Bari, Laterza, 1987
     Il Diavolo nel mondo moderno, Bari, Laterza, 1988
     Il Diavolo nel mondo antico, Bari, Laterza, 1989

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